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lunedì 22 aprile 2013

IL SEGRETO DELLA BELLEZZA

Ti sei mai chiesto perché alcuni volti vengano percepiti come “belli” e altri come “brutti”?

La percezione di un volto come gradevole o sgradevole è innata nell’essere umano e ha probabilmente una matrice genetica. E’ stato dimostrato che bambini molto piccoli si soffermano per un tempo più lungo su volti “attraenti” e si distolgono rapidamente da volti meno gradevoli.
Nella seconda metà dell’800 Francis Galton effettuò una sperimentazione nell’ambito della fisiognomica. Utilizzando delle fotografie di malviventi, realizzò dei “ritratti compositi”, mescolandone i dettagli ed in qualche modo ottenendo dei volti “medi”. Al contrario delle sue aspettative, Galton constatò che i ritratti compositi non raffiguravano le inquietanti fattezze del criminale perfetto, ma risultavano al contrario molto più gradevoli dei singoli soggetti presi in esame.
Uno dei ritratti compositi realizzati da Galton
In epoca più recente, l’antropologo Symons ha definito la bellezza in questo modo:
La bellezza è rappresentata dalla media delle caratteristiche facciali della popolazione umana.
 Tale tesi è stata suffragata da numerose indagini che si avvalgono dell’elaborazione computerizzata delle immagini per realizzare ritratti compositi di n soggetti. 
Maggiore è il numero di soggetti elaborati, tanto più il ritratto composito si avvicina alla “media delle caratteristiche facciali della popolazione umana” di Symons. Va però notato che i ritratti compositi presentano caratteristiche “innaturali”, dovuti all’estrema simmetria  e all’assenza di imperfezioni cutanee. Grammer e Thonrhill hanno rilevato che l’attrattività dei ritratti compositi è maggiore quando i soggetti sono femminili, mentre esistono soggetti maschili considerati molto attraenti anche se deviano dalla media.
Immagine femminile elaborata da faceresearch.org tramite un algoritmo di morphing. L'immagine è una media delle fotografie di persone reali evidenziate in giallo.
Immagine maschile elaborata da faceresearch.org

Sembra esistere un codice di interpretazione universale che consenta all’osservatore di distinguere tra un volto attraente ed uno non attraente. Le caratteristiche di attrattività variano tra un volto maschile ed uno femminile. Dal punto di vista biologico, l’attrattività ha lo scopo di segnalare ad un individuo la validità riproduttiva di un potenziale partner. In molte specie l’opera di selezione del partner è effettuata principalmente dalla femmina; ciò può spiegare perché maschi “fuori media” risultino particolarmente attraenti se esprimono caratteri di robustezza biologica. In particolare, vengono giudicati attraenti alcuni caratteri sessuali secondari indotti dal testosterone nel corso della pubertà (mandibola, mento e zigomi pronunciati, peluria sul volto). Il fatto che tali caratteristiche rappresentino un segnale attrattivo è stato spiegato da Folstad e Karter con la teoria dell’ “handicap immunitario”; poiché alti livelli di  testosterone inducono una minore reattività immunitaria nel maschio, solo gli individui geneticamente più forti potevano sopravvivere ed esibire marcati caratteri secondari. In pratica, le caratteristiche facciali indotte dal testosterone sarebbero interpretate dalla femmina come un “marchio” di buona qualità genetica.
Il fatto che il maschio non abbia grande ruolo di selezione del partner riproduttivo fa sì che la femmina non abbia caratteristiche attrattive “fuori media” e quindi più un volto si avvicina alla media della popolazione più viene considerato attraente.

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