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domenica 21 luglio 2013

LUOGHI DI LAVORO E INTELLIGENZA EMOTIVA

L’invidia è un’emozione universale, che sovente ci coglie nel momento più sconveniente, ovvero proprio quello in cui dovremmo mostrare gioia e/o esprimere le nostre congratulazioni per un successo altrui.


Cristophe André e François Lelord, psichiatri e psicoterapeuti francesi, nel loro libro La Forza delle emozioni (TEA, Milano, 2001) hanno individuato tre tipologie di invidia:


INVIDIA DEPRESSIVA

La scorsa settimana ho pranzato con Luca, un collega del marketing. Abbiamo parlato delle nostre rispettive vite. Beh… Non è stata una bella esperienza. Lui è una persona molto realizzata e serena, ha potuto laurearsi in un’università prestigiosa e ha avuto esperienze all’estero, in grandi società. L’hanno assunto dandogli un cospicuo increase ed è molto stimato dai colleghi e dai superiori. È felicemente fidanzato da cinque anni e vive in centro, in un ottimo contesto immobiliare.

A fine giornata ho mandato il fax con le ore lavorate all’agenzia di somministrazione e ho preso la metropolitana per raggiungere, alla periferia della città, il mio micro-monolocale da single perenne. Il contrasto con la vita di Luca è impietoso. Non ce la farò mai ad essere realizzato quanto lui.

(Sergio)


Sergio prova invidia verso Luca, ma non nutre rabbia nei suoi confronti.

La vita realizzata e serena di Luca gli ispira pensieri depressivi circa la propria incapacità di realizzarsi ed essere veramente felice.


INVIDIA OSTILE

Tre settimane fa il controller della compagnia è venuto da me a verificare se avessi o meno conoscenze in materia di forecasting. Ho saputo che le stesse domande le ha poste anche a Valeria, una mia collega, e alla fine ha scelto lei a supporto del suo ufficio. Senza neanche rendermene conto sono avvampato e ho fatto delle battute sarcastiche che hanno ammutolito i presenti. Da quel giorno i rapporti con Valeria si sono raggelati, e ho perso parecchi punti agli occhi di tutti.

(Domenico)


L’invidia di Domenico si scatena verso la collega, tentando di sminuirla.

Anziché mettersi in discussione (= con tutta probabilità la collega era più preparata di lui) scarica all’esterno sua aggressività tentando – in una tra le maniere peggiori possibili – di ristabilire l’equilibrio perduto.


INVIDIA AMMIRATIVA

Alessia è il mio nuovo capo. Quel posto l’avrei voluto io, ma devo ammettere che la scelta è stata corretta. Lei è una leader naturale, e si capiva già quando era una collega: aveva iniziativa, sapeva ascoltare, quando eravamo di cattivo umore trovava il modo di tirarci su, e aveva un grande senso di responsabilità. Inoltre non si faceva scoraggiare dai problemi, e dalle difficoltà. Era già da tempo un punto di riferimento. Provavo spesso un senso di inferiorità. Avrei voluto essere io quel tipo di persona, per me è sempre stata una sorta di modello. Ora mi è ancora più chiaro e voglio imparare da lei, voglio prestare un’attenzione superiore a ciò che fa e voglio supportarla meglio.

(Erik)


Erik prova sofferenza per il fatto di non essere all’altezza, ma allo stesso tempo è spinto ad analizzare ed emulare le caratteristiche vincenti di Alessia.



Le reazioni di invidia difficilmente si presentano in modo univoco; spesso e volentieri le sopracitate tipologie si mescolano o si presentano in successione.

Laddove l’invidia emulativa può generare dei vantaggi per il lavoratore e per l’azienda, l’invidia depressiva e quella ostile possono invece arrivare a compromettere seriamente la qualità della vita dell’individuo, interferendo altresì sulle performance e sulle attività di relazione in azienda.


COME GESTIRE MEGLIO LA PROPRIA INVIDIA?


Innanzitutto dobbiamo riconoscere che, come tutte le emozioni, l’invidia è naturale.

Non bisogna sentirsi in colpa, né vergognarsi di provarla.

Ce l’abbiamo “in dotazione”, e sta a noi – alla stregua delle altre emozioni – controllarla per ricavarne stimoli e vantaggi per noi stessi e per gli altri.

Inoltre, i morsi dell’invidia possono essere efficaci segnalatori di un disagio in una specifica area (o più aree) della nostra vita, e possono così “richiarmarci” a prendere consapevolezza e agire per migliorare le cose.


Un consiglio  che si può offrire per gestire meglio la propria invidia è quello di esprimerla positivamente o tenersela per sé.

L’invidia può essere espressa positivamente ricorrendo a un po' di humour.


Ad esempio:


“Sono dannatamente invidioso! Lo sai? Ne sei cosciente??”

“Ehi, lo sai che fai invidia a un secco di gente? Per esempio a me!”


Un altro consiglio che si può offrire è quello di ridimensionare i vantaggi dell’altro.

E per fare questo non è necessario inscenare la favola della volpe e l’uva, bensì analizzare la situazione lucidamente, prestando attenzione anche al rovescio della medaglia.

E ci sono rovesci della medaglia effettivi e potenziali per ciascun vantaggio, sotto la forma di oneri, sacrifici, responsabilità, problemi gestionali, problemi burocratici, rischi, ecc.


E non è da trascurare l’effetto attenuatore esercitato dall’abitudine. Ciò di cui siamo invidiosi potrebbe ormai aver perso molto del significato originario per chi lo possiede. Citando François De La Rochefoucauld: ”Sarebbe addolorato dal perderlo, ma non è più sensibile al piacere di possederlo”.


Un ultimo consiglio è quello di prestare attenzione a non provocare l’invidia degli altri inutilmente.


Un neoassunto a tempo indeterminato che esulta sguaiatamente in mezzo a colleghi in somministrazione certamente non agisce in maniera etica e appropriata. Eppure queste cose succedono.

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